martedì 19 ottobre 2010

Un plausibile sentire...

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia.
Non lo so, ma sento che ciò accade, e ne sono tormentato.

Catullo - Carme 85

lunedì 18 ottobre 2010

Vivere senza vita

Quando tu riesci a non aver più un ideale, perché osservando la vita sembra un enorme pupazzata, senza nesso, senza spiegazione mai; quando tu non hai più un sentimento, perché sei riuscito a non stimare, a non curare più gli uomini e le cose, e ti manca perciò l'abitudine, che non trovi, e l'occupazione, che sdegni – quando tu, in una parola, vivrai senza la vita, penserai senza un pensiero, sentirai senza cuore – allora tu non saprai che fare: sarai un viandante senza casa, un uccello senza nido.
Io sono così.

Luigi Pirandello - Tratto da una lettera alla sorella Lina, 13 ottobre 1886

mercoledì 13 ottobre 2010

Il nano alchimista

Vimes si appoggiò allo schienale: 
"Gli alchimisti fanno sempre saltare in aria un sacco di rocba. Mai sentito dire che siano stati licenziati per questo"
"Forse perchè nessuno ha mai fatto saltare in aria il consiglio della Gilda, signore".
"Come...tutto quanto?"
"La maggior parte, signore. Quanto meno tutti i pezzi facilmente staccabili".
Vimes si scoprì ad aprire automaticamente il cassetto più in basso della propria scrivania. Lo chiuse nuovamente, però, e spostò qualche carta che aveva davanti. "come si chiama, ragazzo?"
Il nano deglutì. Era chiaramente il punto che aveva temuto. "Culetto, signore".
Vimes non sollevò nemmeno lo sguardo.
"Oh già. C'è scritto anche qui. Significa che viene dall'area montuosa del Boscodisopra vero?"
"come...si, signore" rispose Culetto leggermente sorpreso.
"Allora...qui c'è scritto che di nome si chiama...non riesco a leggere la scrittura di fred...ehm..."
non c'era possibilità di scampo. "Felice, signore" disse Felice Culetto.
"Felice, eh? E' bello vedere che le antiche tradizioni onomastiche si siano mantenute. Culetto Felice. Bene".
Culetto lo osservò attentamente. Non c'era il benchè minimo barlume di scherno sul volto di Vimes.
"si, signore. Culetto Felice" ripetè. Ancora nemmeno un'increspatura extra. "Mio padre di chiamava Allegro. Culetto Allegro" aggiunse, come si fa quando si passa la lingua su un dente rovinato per vedere quando comincerà a fare male.
"Davvero?"
"E...suo padre di chiamava Culetto Beccuccio".
Non una traccia, non un accenno di sogghigno si celava in alcun posto. Vimes non fece altro che spostare le carte di lato.
"Bene, noi lavoriamo per vivere, Culetto".
"si, signore".
"Non facciamo saltare in aria le cose, Culetto".
"No, signore. Io non faccio saltare in aria tutto, signore. Qualcosa si squaglia e basta".

Terry Pratchett, "Piedi d'argilla"

giovedì 7 ottobre 2010

Il paese è reale

In questa polaroid siamo tutti ironici. E a me l’ironia fa male. Anzi, la odio. Non solo io, anche Scarmiglia e Bocca. Perché ce n’è sempre di più, troppa, la nuova ironia italiana che brilla su tutti i musi, in tutte le frasi, che ogni giorno lotta contro l’ideologia, le divora la testa, e in pochi anni dell’ideologia non resterà più niente, l’ironia sarà la nostra unica risorsa e la nostra sconfitta, la nostra camicia di forza, e staremo tutti nella stessa accordatura ironico-cinica, nel disincanto, prevedendo perfettamente le modalità di innesco della battuta, la tempistica migliore, lo smorzamento improvviso che lascia declinare l’allusione, sempre partecipi e assenti, acutissimi e corrotti: rassegnati.

Giorgio Vasta. Il tempo materiale

Fuoco sulla montagna

Tra i rampicanti che inghirlandavano gli alberi morti o morenti si alzava qua e là del fumo. Mentr'essi guardavano, una lingua di fuoco apparve ai piedi di un cespuglio, e il fumo s'ingrossò. Delle fiammelle guizzarono ai piedi di un albero e strisciarono via tra le foglie e i cespugli, suddividendosi e acquistando vigore. Una lingua toccò un tronco d'albero e vi si arrampicò su come uno scoiattolo lucente. Il fumo aumentò, cambiò direzione, spirò via in grandi volute. Lo scoiattolo saltò via sulle ali del vento e si aggrappò a un altro albero in piedi, divorandolo dall'alto in basso. Sotto il tetto scuro delle foglie e del fumo, il fuoco afferrò la foresta e cominciò a mangiarla.

William Golding, "Il signore delle mosche"

mercoledì 6 ottobre 2010

Marlboro Rosse

Le John Player Special non lo avevano convinto per quella serata, e si nascose dietro alle regali e famosissime Marlboro. Sigarette di un tabacco ottimo, ma ben commercializzato tra la folla. Davano prestigio, ma anche uniformità; se non fosse stato per il fatto che era una sigaretta ben nota al pubblico, si sarebbe potuta considerare come una pretendente al trono di regina madre delle bionde. Aristocratica, accarezzava con le unghie la gola e scivolava diretta nei polmoni con maestria. Non lasciava pesantezza, e delicata permetteva di essere amata, anche la mattina al risveglio. Sigaretta dai facili costumi, ma altezzosa.

Emmanuele Rossi, "L'uomo solo dal profumo di tabacco"

L'amore non è amore, ma ....

Amore non è amore se muta quando scopre un mutamento
o tende a svanire quando l'altro si allontana.
Oh, no! Amore è un faro sempre fisso
che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;
amore non muta in poche ore o settimane,
ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio;
se questo è errore e mi sarà provato,
io non ho mai scritto,
e nessuno ha mai amato.

William Shakespeare, sonetto 116